© Roberto Breschi
Sommario. Sebbene
sotto l’Impero Ottomano fin dal 1520, Algeri acquistò una
autonomia sempre più larga fino a diventare sotto
l’autorità del dey (dal 1710) il centro corsaro
più importante del Mediterraneo. La colonizzazione francese era
cominciata nel 1830 con l’occupazione di Algeri, ma l’avanzata verso le
altre regioni costiere e quelle dell’interno incontrò molti
ostacoli e fu necessario tutto il secolo per essere completata. Intorno
alla metà del XX secolo prese vigore il movimento nazionalista
algerino, all’inizio su posizioni moderate, poi sempre più
intransigente; l’inevitabile scontro con le forze più
reazionarie della Francia portò
nel 1962 ad una cruenta conquista dell’indipendenza.
Algeri, Alger, Al-Jeza'ir, sec. XIX
Bandiera mercantile
introdotta dopo l’occupazione francese. Era ripreso, in versione
francese, il motivo a strisce multicolori dei vessilli degli stati
barbareschi, fra i quali Algeri, sotto l’autorità del dey,
era il più importante. Le bandiere locali originali erano molto
variabili; in genere si alzavano a terra drappi a strisce
gialle e rosse, mentre in mare le strisce erano per lo più
bianche,
rosse e verdi.
Repubblica Democratica popolare di Algeria,
Al-Jaza'ir, Al-Jamhuriya al-Jaza'iriya ad-Dimukratiya ash-Shabiya,
dal 1962
Bandiera adottata nel
1954 dal Fronte di liberazione nazionale e confermata ufficialmente al
momento dell’indipendenza il 3 luglio 1962. Proporzioni 2/3. Il bianco
e il verde erano i colori di Abdelkadir (Abd al-Qadr), che nel
1840 oppose una strenua resistenza alla penetrazione francese; anzi,
secondo la tradizione non comprovata, sarebbe stato lo stesso
Abdelkadir a disegnare la bandiera. È invece più
probabile che il disegno risalga al 1925/28 e che sia dovuto a Messali
Hay, esponente del movimento nazionalista.
Repubblica Democratica popolare di Algeria,
Al-Jaza'ir, Al-Jamhuriya al-Jaza'iriya ad-Dimukratiya ash-Shabiya,
dal 1987
1987-2004/2010
da
2004/2010
Bandiera della marina da
guerra, strettamente derivata da quella nazionale. Con le ancore rosse
nel cantone è attestata dal 1987 al 2004 dal SHOM, che solo nel
2010 la
riporta con le ancore bianche.
BERBERI MASCARA
Bibliografia
Siebmacher’s
Grosses Wappenbuch, 6, 1878 - Flag Bull., 118, 1986 - Album SHOM, corr.
19, 1987 e corr. 4, 2004 e 5, 2010 - Emblèmes et pavillons,
17,1989 - Opere a carattere
generale
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Sommario. I
Berberi sono il principale popolo autoctono dell'Africa settentrionale.
Le invasioni arabo-islamiche e anche la colonizzazione europea hanno
impedito la formazione di uno stato berbero. Un tempo diffusi dal Nilo
all'Atlantico sono oggi stimati da 40 a 60 milioni, divisi equamente
tra
Marocco e Algeria (Cabilia), ma presenti anche in almeno altri cinque
paesi
nordafricani.
Popolo Amazigh, Imazighen, dal 1997
Bandiera del popolo
berbero adottata il 30 agosto 1997 durante il primo Congresso Mondiale
Amazigh (amazigh = "uomo libero"). I colori rappresentano
l'ambiente
in cui vivono i berberi,
azzurro per il mare, verde per la natura e le montagne boscose, giallo
per la sabbia del deserto; al centro in rosso la lettera zeta (aza)
dell'alfabeto berbero (tamazigh), simbolo tradizionale dell'uomo
libero.
ALGERIA MAROCCO
Bibliografia
Vexilla
Italica, 74, 2012
© Roberto Breschi
Sommario. Uno dei
più fieri campioni alla resistenza alla penetrazione europea in
Africa settentrionale fu Abdelkadir
il quale costituì nel 1832 un emirato indipendente nella regione
di Mascara, tra la costa di Orano e i monti dell’Atlante Telliano. Nel
1847 i francesi sconfissero l’emiro in via definitiva.
Emirato di Mascara, Monaskar, 1832-1847
Bandiera nazionale
dell’emirato costituito da Abdelkadir
nella regione di Mascara, alzata il 25 novembre 1832 con la
proclamazione dell’indipendenza e durata fino alla sconfitta dell’emiro
da parte dei francesi, il 23 dicembre 1847. Proporzioni 2/3 o 3/5.
L’emblema al centro del drappo è la mano di Fatima circondata
dalla scritta “grazie a Dio, la vittoria è vicina”. Il verde e
il bianco sarebbero diventati i colori nazionali algerini.
ALGERIA
Bibliografia
Vexillinfo,
58, 1985 – Vexilla Italica, XXVII,2, 2000
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Sommario. Anche
Tunisi fu uno degli stati barbareschi della costa mediterranea
dell’Africa, dediti spesso all’attività corsara e solo
nominalmente soggetti alla Porta, la cui sovranità sulla Tunisia
risaliva al 1574. Nel 1705, un capo dei giannizzeri, Hussein, si
proclamò sovrano (bey) di Tunisi e fu a capo di uno stato
praticamente indipendente. Nel 1883 la Francia impose al bey il
suo protettorato ma dopo pochi anni sorsero i primi movimenti
nazionalisti che avrebbero portato nel 1956 all’indipendenza del paese,
alla deposizione dell’ultimo bey e alla costituzione della
repubblica (1957).
Tunisi, Tunus, Tunis en Barbarie, fino al sec. XIX
Bandiera mercantile
riportata su carte del XVIII e XIX secolo, scomparsa forse nel 1883,
con la costituzione del protettorato francese. Strisce multicolori
caratteristiche dei vessilli degli stati
barbareschi della costa mediterranea dell’Africa.
Tunisi, Tunus, Tunisie, c. 1830-1957
Bandiera introdotta
probabilmente dal bey Hussein II verso il 1830 e rimasta in
uso, almeno in teoria, fino alla fine della monarchia, il 25 luglio
1957. Propriamente stendardo del bey fu in realtà
qualcosa di più, essendo impiegata in svariate occasioni
ufficiali come bandiera di stato. Abbellita con numerosi disegni
ornamentali, soprattutto stelle e crescenti multicolori, portava al
centro, su una striscia verde (colore del profeta) la famosa spada di
Alì. Data la complessità del disegno, sono note
differenti versioni, alcune semplificate.
Tunus, Tunisie, c. 1835-1957
Repubblica di Tunisia, Al-Jamhuriya at-Tunusiya, République
Tunisienne, dal 1957
Bandiera
per tutti gli
impieghi, entrata in uso verso il 1831, immutata durante il
protettorato francese (1883-1956) e confermata il 25 luglio 1957,
allorché, con la deposizione del bey, finì la
monarchia e fu proclamata la repubblica indipendente. Può essere
considerata una variante della bandiera turca: tributaria dell’Impero
Ottomano. Tunisi godeva di ampia autonomia e, nella prima metà
del XIX secolo, il bey Hussein II introdusse una bandiera
locale un po’ diversa
da quella ottomana, che fu tollerata dal sultano. La forma del
crescente
variò leggermente nel corso degli anni, ma il 3 luglio 1999
è
stata fissata nel disegno attuale, molto arcuato.
TABARCA
Bibliografia
J.W.
Norie, J.S. Hobbs, Maritime Flags of All Nations, 1848 - Siebmacher’s
Grosses Wappenbuch, 6, 1878 - Franciae Vexilla, 15/61, 1999 - Flag
Bull., 195, 2000
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Sommario. Isola
presso la costa settentrionale della Tunisia. Nel 1540 fu ceduta a
Genova dal bey di Tunisi, forse in riscatto del pirata Dragut, e data
in concessione alla famiglia Lomellini.
Vi si trasferirono pescatori
liguri (soprattutto pegliesi) dediti alla pesca e al commercio del
corallo. Fu centro importante per il riscatto di schiavi, sia cristiani
sia mussulmani, e per i traffici tra le due sponde del Mediterraneo.
Nel 1741 l'isola fu occupata dal bey di Tunisi e gli abitanti
trasferiti in Sardegna e in Spagna.
Tabarqa, 1543-1718, 1729-1741
Bandiere della colonia
genovese di Tabarca, in concessione ai Lomellini, importante famiglia
di dogi della Repubblica di Genova. Nel periodo dell'amministrazione
Lomellini (1543-1718 e 1729-1741), sulla rocca che ancora domina
l'isola dalla sua sommità, sventolava la bandiera di Genova con
la croce di San Giorgio, caricata nei quarti inferiori dello
stemma della famiglia, troncato di porpora e d'oro. Lo stesso stemma
appariva su un altro vessillo, bianco, profondamente intagliato, issato
sulle fortificazioni.
TUNISIA
GENOVA
Bibliografia
P.
Campodonico, "La Marineria Genovese dal Medioevo all'Unità
d'Italia", 1989 - Museo Navale, Pegli